Vecchio scarpinoUna nottata da sconfitti…

Una nottata da sconfitti…

La certezza che vi siano cose più importanti nella vita svanisce, come neve al sole, dopo che la tua squadra ha perso, all’ultimo minuto, per colpa tua. Perché ti chiedi, mentre cerchi inutilmente di prendere sonno, come sia possibile che si possa passare, in un secondo, dalle stelle alle stalle. Ma succede. Ed allora il vostro scriba è qui, a ripetersi che ci sono cose più importanti nella vita. Ma vanne a trovare anche una sola, questa sera.

Ma abbandoniamo, anche se per poco, quel senso di disperazione mista a rabbia che ci pervade, e passiamo a noi.

Tavano: prima della partita si preoccupa di motivare la squadra per un incontro comunque importante, ma dal risultato inutile ai fini della classifica. Spiega, per la milionesima volta, cosa sia un trenino, un colore, un numero, e come, quando si tiri un calcio d’angolo, questo debba fare quello, e questo quell’altro. Ma è inutile. Come scolaresca distratta, si resta imprigionati tra numeri e colori. Ah, se solo ci fossimo applicati di più. Se solo avessimo fatti nostri quei suoi preziosi insegnamenti, stasera staremmo qui a raccontare un secondo tempo ben diverso, fatta di un paio di gol (per uno di questi, vedi infra sotto la voce “Bolla”) che ci avrebbe fatto vivere una serata ben diversa. Ma proprio la scarsa applicazione della squadra, in una sconfitta che ha qualche colpevole, ma non certo lui, brilla la sua saggezza tattica. Aveva visto tutto. Aveva predetto tutto. Perché è lui è li. Laggiù. Lontano. Dove vivono le vittorie. Che ben conosce. Sta a noi raggiungerlo. Voto: 10.

Malagò: Lui è dove deve stare. Sempre. Che nessuno dica che, in qualche momento della gara, avrebbe dovuto trovarsi un metro più in là, o più in qua. Non scherziamo. Ed è da qui che dobbiamo partire, per raccontare più di quaranta minuti passati a raccordare reparti, a dettare geometrie, a cercare qualcuno, qui, li, lontano o vicino, che parlasse il suo stesso verbo. Non è semplicemente la chiesa al centro del villaggio, perché lui è, da solo, tutto il villaggio. La partita della squadra vive intorno a lui, e non si arrende nemmeno di fronte allo sconquasso dell’ultimo minuto, reclamando, un istante dopo, subito la palla, pronto ad incoraggiare, con parole di vero affetto, qualunque compagno, centrando la palla ed andando al tiro. La grandezza si vede nel sapersi rialzare dopo una caduta. Di lui, stasera, non si ricorda nemmeno se sia caduto, insieme agli altri, tanto la sua figura è rimasta maestosa, a volteggiare su avversari tanto spaventati quanto inorgogliti dal potersi confrontare con il suo stesso mito. Voto, va da sé, e mai come stasera, 10 e lode.

Bolla: il voto sarebbe stato ancor più alto, se non avesse fatto ciò che passo a raccontare. Si soffriva, in un secondo tempo fatto di guerra e barricate. Quel contropiede, ad un metro dalla porta avversaria, non poteva che finire tra i suoi piedi. La domanda, a quel punto, è stata, nella mente di ciascuno, non se la palla avrebbe superato la linea di porta, ma dove l’avrebbe superata. Ed invece no. Quella palla, da spingere nella rete, è ritornata nei piedi di un compagno, il cui sguardo, basito, ha detto tutto. Non era la sua notte. Non era la nostra notte. Perché quando Bolla sbaglia una palla del genere, la sola spiegazione è che gli dei del pallone si siano decisi a voltarsi dall’altra parte. E nient’altro. Voto 8.

Abodi: Il solito minutaggio, pieno di corsa e coraggio, li, nel secondo tempo, quando si era come soldati in trincea. E sotto l’incessante fuoco nemico lui c’era, non tirandosi mai indietro. E’ con questo coraggio, e questa voglia, che si vincono le partite. Il resto viene davvero dopo. Voto: 9.

Conte: il gol. Manca solo il gol. Gli gira intorno, come amante non corrisposto, con la stessa fame e voglia e passione. Ma è sempre presente, sempre pronto ad immolarsi, sempre pronto al corpo a corpo. Arriverà quel gol, speriamo già lunedì. E sarà, per lui, una liberazione, ma per noi una semplice conferma, di quello che sappiamo da sempre del suo valore. Voto: 8.

Rocco: la solita partita di quantità e qualità. Stasera è tra i pochi, va detto, a riportare la nostra azione viva oltre le linee avversarie, non lasciandosi intimorire da avversari più motivati ed aggressivi. Ci sarebbe voluto quel gol che, con gesto tecnico, aveva lasciato per Bolla. Ma, come è finita, lo sappiamo. Voto: 9.

Minetti: Segna, corre, difende, combatte. Se in tribuna ci fosse stato Trapattoni, l’avrebbe messo nella rosa della sua squadra ideale. Al posto di Tardelli, va detto. Voto: 9.

Morra: quando gioca Morra, non chiedetevi cosa farà. Perché la risposta è già scritta: segnerà. Tutto il resto, tutte le altre fasi, tutti gli altri movimenti, verranno dopo. Come orpello. Voto: 8.

Lirosi: dov’era? dov’era? dov’era? Lui, sempre pronto a sbucare dal nulla, sempre pronto a risolvere l’irrisolvibile, dov’era, quando quella palla era li, a rimbalzare sulla nostra linea di porta, mentre un avversario era pronto a spingerla in rete? E’ questa la domanda che tutti noi ci poniamo. Perché lui è il nostro Ethan Hunt, che sa rendere facili anche le missioni impossibili. Soprattutto quelle che affronteremo la prossima settimana. Perché lui è fortissimo. E ne ha, sin qui, dato ampia prova. Voto: 8.

Perrone: come Cristiano Ronaldo, e l’esempio c’è tutto, lascia la squadra per un infortunio. Ma è li, in panchina, pronto a dispensare consigli ed incoraggiamenti quando sente l’affanno impadronirsi dei suoi, ormai stanchi e sfiancati a combattere, come un sol uomo, contro una squadra stramotivata. Ma vederlo giocare, anche se per pochi minuti, accende la luce. Ed indica la strada. Voto: 9.

 

Federico Vecchio